A volte siamo portati a dire: io sono stato capace di fare questo, io quest’altro, io ho realizzato questa impresa, e si può notare in ciò un sentimento di compiacimento, a volte anche di orgoglio. E così mi chiedo: come vedremo la nostra vita quando si avvicinerà il suo termine? Penso che avremo un ricordo sereno e luminoso di quanto Dio ha fatto nella nostra esistenza e in quella degli altri, e questo sarà per noi, certamente, motivo di gioia e di pace.
Forse avremo un ricordo lontano ed anche indifferente di quanto abbiamo fatto per conto nostro; probabilmente avremo anche motivi di rammarico per non avere più la capacità e la possibilità di fare quello che in passato abbiamo fatto. Certamente Dio non va tanto in cerca del nostro fare, Lui che in un attimo può creare l’universo, quanto del nostro cuore: è lì che trova la sua delizia.
Anche Gesù va in cerca del nostro cuore, per venirci ad abitare con il Padre, come ha detto: «Se uno mi ama … il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23). Quanta consolazione e quanta dolcezza procurano queste parole del Signore, che denotano veramente il suo amore per l’uomo, la ricerca della sua amicizia, del suo cuore!
La Madonna ha dimostrato più volte che non conta tanto il fare quanto il cuore. Durante l’Annunciazione, l’angelo non chiede a Maria di fare tante cose, ma di aprire il cuore al Signore: avendo acconsentito, è divenuta la Madre di Dio, colei che ha generato il Figlio.
Alle nozze di Cana, Maria non fa tante cose ma manifesta unicamente il proprio cuore di Madre al Figlio; per questo, quando dice ai servi: «fate quello che vi dirà» (Gv 2,15). Gesù opera il miracolo, e l’acqua si trasforma in vino. E che vino; e quanto!
Maria sa bene che la nostra vita è sterile se Gesù non dimora in noi, sa che tutto il nostro fare è inutile se non c’è Lui. Forse per questo a Medjugorje parla al cuore, insegna la preghiere del cuore, vuole formare i cuori. Vuole predisporre i nostri cuori ad accogliere il Signore perché sa bene che Gesù è l’umile che non forza per entrare nei cuori chiusi, che non usa costrizione per occupare l’anima dell’uomo.
Maria sa pure che facciamo fatica ad aprire i nostri cuori a Gesù, per questo viene in nostro soccorso. Lei, inoltre, sa che Gesù va in cerca di tutti i cuori, indistintamente, sia di quelli forti che di quelli deboli, perché così agisce l’Amore. Però sa anche che Gesù ha una predilezione per quelli che Lei forma, per i cuori che Lei prepara ed adorna perché conosce i gusti del Figlio: Lui ama vedere nell’uomo la bellezza della Madre e sentire in esso il suo profumo.
Accogliamo, allora, l’invito di Maria ad aprire i cuori e con il suo potente aiuto lasciamo dimorare Gesù in noi. Se faremo così, il nostro operare porterà frutto perché sarà benedetto dal Padre che vedrà nel nostro agire il modo di fare di suo Figlio, vedrà le nostre azioni assomigliare un po’ a quelle di Gesù, vedrà in esse un po’ le sembianze del Figlio e di questo non potrà che compiacersene..
Così ci verranno date ali per volare in aiuto del prossimo e per contemplare il cielo; ci verrà data una vista acuta per vedere i bisogni del fratello e per soccorrerlo, per distinguere chiaramente ciò che è bene da ciò che è male
Così il nostro fare porterà frutto, forse il centuplo, e faremo cose meravigliose perché non sarà più il nostro agire, ma quello di Gesù in noi. Capiremo, allora, le parole del salmo: «Se il Signore non costruisce la casa, invano vi faticano i costruttori» (Sal 127). In questo modo potremo forse dire con la sposa del Cantico dei Cantici: «Io dormo, ma il mio cuore veglia» perché lo Sposo, Gesù, non dorme mai, ma veglia sempre ed opera in noi continuamente, anche nel sonno.